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- Pubblicato: Giovedì, 15 Ottobre 2009 14:46
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- 15 Ott
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MATERIALI DA GROTTA
L'ambiente ipogeo presenta elementi e caratteristiche peculiari che lo contraddistinguono da altri ambienti in cui ci troviamo a vivere: oscurità, temperatura bassa (ma non troppo), umidità (tanta), acqua, roccia e fango, strutture verticali (pozzi) e/o strette (meandri, strettoie e budelli). L'esplorazione delle grotte richiede dunque un equipaggiamento opportuno: un vestiario che protegga, per quanto possibile, il nostro corpo nell'ambiente ipogeo; materiali di progressione che permettono di superare ostacoli strutturali; e anche altri materiali che servono a rendere l'esplorazione delle grotte più sicura, efficace e piacevole. Anche se un poco artificioso, i materiali da grotta possono venir suddivisi in tre gruppi:
materiali personali,
materiali di squadra,
materiali speciali.
Il primo comprende tutti quei materiali di cui ogni speleologo, in condizioni normali, dovrebbe essere fornito: il vestimento personale e l'attrezzatura da progressione. Il secondo gruppo comprende i materiali comuni, che servono a tutti i componenti della squadra, e sono condivisi da tutti, durante un'uscita in grotta. Per esempio: le corde, i materiali d'armo, il set da rilievo, etc. Infine i materiali speciali servono in particolari situazioni e vengono portati solamente quando se ne prevede l'utilizzo, come ad esempio particolari materiali da disostruzione.
1.1 Materiali Personali
I materiali personali sono il vestiario e gli attrezzi per la progressione su corde. Il tipico campionario
dello speleologo pre-alpino consiste di
guanti, di gomma resistente, ruvidi;
stivali, di gomma e con la suola scolpita;
calzettoni, di lana molto caldi;
sottotuta, di pile e col collo alto;
tuta, in nylon oppure in PVC;
casco da grotta con impianto di illuminazione;
materiale di manutenzione varia;
imbraco e pettorale;
longes, discensore, croll e maniglia.
1.1.1 Guanti
I guanti in gomma, ruvidi per consentire una discreta presa, e resistenti, proteggono le mani dal freddo, dalla roccia, dall'acqua e dall'argilla. Non devono essere troppo stretti, per non bloccare le dita, né troppo larghi, per non compromettere la presa delle mani. Devono avere dei polsini abbastanza lunghi (ma non troppo) in modo che vadano a coprire i polsini della tuta.
1.1.2 Stivali
Gli stivali, alti fin sotto il ginocchio, lisci senza lacci, stringono bene il piede, per fornire un appoggio sicuro (ma non devono essere tanto stretti da far male!). Un piede "libero" ha maggior sensibilità e resta più caldo (la circolazione non è impedita).
La suola ben scolpita è essenziale per l'aderenza sulla roccia umida e sovente fangosa. Gli stivali da grotta non sono foderati internamente, per facilitarne l'asciugatura; però anche dei normali stivali, leggermente foderati internamente, risultano più che adeguati.
La comunità degli speleologi è suddivisa in due fazioni a riguardo delle calzature da grotta: quelli pro stivali e quelli pro scarponi. Pur riconoscendo che in determinate situazioni gli stivali "devono" essere rimpiazzati dagli scarponi (per esempio negli inghiottitoi d'alta montagna coperti di ghiaccio o nelle grotte nel ghiaccio), riteniamo gli stivali nettamente migliori degli scarponi per le grotte pre-alpine. Gli scarponi infatti sono troppo rigidi, non abbastanza impermeabili, più pesanti, più bassi, e non offrono una tanto migliore aderenza degli stivali sulla roccia, bagnata e fangosa, in grotta.
Altri due svantaggi degli scarponi sono la facilità di usura (specialmente per quelli in pelle e tela; forse cio` non vale per gli scarponi in plastica) e la presenza di gancetti di chiusura che si possono impigliare.
Un problema comune a stivali e scarponi sono i sassolini. Per prevenirlo si portano la gambe della tuta sopra gli stivali e, se serve, fermate da un elastico. In genere le gambe della tuta non sono abbastanza lunghe per gli scarponi. Come suggerimento (mai sperimentato) proponiamo l'uso di ghette indossate sopra gli scarponi e sotto le gambe della tuta.
Naturalmente quando entrano sassolini nelle calzature, la cosa da fare è fermarsi e toglierli, sfilando e pulendo la calzatura appena possibile, invece di proseguire sopportandone il fastidio.
1.1.3 Calzettoni
I calzettoni sono molto importanti: servono per tenere il piede isolato dal suolo (che è freddo) e per proteggerlo durante la progressione. Devono essere caldi, anche quando sono bagnati.
I calzettoni devono avere rinforzi sui talloni e sulle punte. Meglio usare un solo paio di calzettoni che due paia di calze più sottili.
1.1.4 Sottotuta
Sotto la tuta si indossa il sottotuta, capo unico che copre torso, braccia e gambe e protegge dal freddo. Evita l'uso di due capi di vestiario distinti, uno per la parte superiore del corpo e uno per quella inferiore: tendono a separarsi formando dei rigonfiamenti e lasciando una zona scoperta. Il sottotuta deve essere in fibra idrofoba, cioè che respinge l'acqua. In tal modo, l'umidità prodotta a livello della pelle (per sudorazione) migra verso l'esterno. Per tale motivo è bene portare il sottotuta a contatto con la pelle. Deve essere abbastanza aderente per evitare l'effetto "soffietto" (che raffredda) ed elastico, in modo da non impedire i movimenti.
Ci sono modelli in pile o polartec. Essi asciugano facilmente anche se molto bagnati, purchè portati indosso (ma la tuta sopra riduce l'evaporazione).
Non occorre che il sottotuta sia troppo pesante, a meno di andare in cavità eccezionalmente fredde. Un peso intermedio è sufficiente per le grotte prealpine, dove la temperatura varia fra i cinque e i nove gradi. Il collare alto è decisamente utile e comodo.
Il sottotuta deve avere:
rinforzi su gomiti e ginocchi
elasticità
collare alto
polsini e caviglie morbidi ed elastici
1.1.5 Tuta
La tuta in nylon è decisamente la migliore per la speleologia pre-alpina. Essa permette di traspirare il sudore ed evita che il sottotuta resti troppo bagnato. Tuttavia ci sono situazioni in cui la tuta in PVC risulta più conveniente: in grotte molto bagnate e/o fangose, con intenso stillicidio, in lavori di scavo nel fango, ecc.. La tuta non deve essere troppo stretta per lasciare liberi nei movimenti, ma neppure troppo larga.
Il cappuccio, in materiale impermeabile e leggero, indossato sotto il casco, protegge dall'acqua e tiene caldo alla testa. Deve essere sottile in modo da non ingombrare quando indossato sotto il casco. Una tasca interna, in genere sotto l'ascella sinistra è conveniente per metterci piccole cose: la peretta per l'acqua, le sigarette, un po' di cioccolato, frutta secca, ... . I polsini non sono indispensabili: un paio di bande elastiche (tagliate dalla solita camera d'aria) suppliscono perfettamente. Infine dei rinforzi sui ginocchi e sui gomiti prolungano la vita della tuta. Le gambe della tuta vanno sopra gli stivali.
Dopo l'uscita in grotta conviene ripiegare la tuta a rovescio mettendo le gambe e le braccia all'interno. In tal modo il fango resta all'interno e si può anche trasportare la tuta nello zaino senza usare il sacco di plastica. La tuta ripiegata forma una specie di sacco dentro il quale si possono mettere anche stivali, guanti e attrezzi.
Manutenzione della tuta e riparazioni:
La tuta deve essere lavata, in acqua fredda o appena tiepida, per rimuovere l'argilla infiltrata fra le fibre. E` consigliabile un lavaggio senza detersivi, con una spazzola morbida. Un poco di argilla resta comunque e la tuta è destinata a perdere la morbidezza cha aveva appena comprata e a diventare "rigida". In grotta la tuta si usura, e si rompe, spesso lacerandosi tagliata da sporgenze di roccia acuminata, o da concrezioni a cavolfiore, a volte strappandosi sulle cuciture. Per riparare la tuta si utilizzano pezze dello stesso materiale (nylon per la tuta di nylon, PVC per quella in PVC), incollate con appositi mastici (per esempio "Seam Grip" della McNett Corp., Box 996, Bellingham WA 98227, USA). La tuta deve essere accuratamente lavata prima di una riparazione per migliorare l'aderenza delle pezze. Nella tuta in PVC le pezze vengono applicate all'esterno e solo incollate. Nella tuta di nylon le pezze possono essere applicate all'interno della tuta. Le pezze vengono poi cucite lungo i bordi dello strappo e lungo il bordo della pezza stessa.
1.1.6 Casco
Il casco serve per proteggere dalla caduta di pietre e dagli urti imprevisti contro la roccia (Figura). Esso deve anche proteggere la testa in caso di eventuali cadute. Il principale requisito del casco e` la resistenza e la capacità di assorbire l'energia di un urto trasferendo una forza ridotta alla testa e al collo (meglio che si rompa il casco piuttosto che la testa).
Secondo la direttica CE 8916861EEC ogni casco omologato deve riportare la sigla CE ( Conforme alle Esigenze ) e deve essere accompagnato da un manuale tecnico che ne spiega le caratteristiche, l'impiego, e i limiti di utilizzo.
I caschi sono costituiti da una calotta semirigida e una cuffia interna fissata alla calotta. La calotta deve restare sollevata sopra la cuffia, con uno spazio libero di alcuni centimetri. L'assorbimento del colpo è affidato ad una imbottitura di schiuma cellulare disposta intorno alla circonferenza del cranio (di spessore circa 10 mm e altezza circa 40 mm). Il casco deve avere un sottogola robusto collegato davanti alle orecchie e sulla nuca, in modo da mantenere il casco in posizione.
Fattori di confort del casco sono:
- i fori di aerazione
- il peso contenuto e il bilanciamento
- l'ingombro
- la regolabilità del giro della testa
- la lavabilità della cuffia interna
La visiera è inutile, anzi riduce la visuale. I caschetti da alpinismo soddisfano questi requisiti; sono abbastanza leggeri, relativamente poco ingombranti, comodi da portare per molte ore, e soprattutto dotati di una resistente allacciatura sotto il mento. In particolare è utile che l'allacciatura sotto il mento sia facilmente apribile, anche con una sola mano e in condizioni scomode. Risulta infatti spesso necessario liberarsi del casco mentre si sta affrontando una strettoia, e si ha una sola mano libera. Inoltre è indispensabile portare la fonte di illuminazione montata direttamente sul casco in modo da lasciare le mani libere e da orientare la luce nella direzione di vista. Perciò sul casco si porta l'impianto di illuminazione che, in genere, consiste di due indipendenti fonti di luce, una a gas acetilene, l'altra elettrica, più recentemente le nuove tecnologie hanno portato l'introduzione di illuminazione a LED ad alta efficienza che permettono di soppiantare l'acetilene. La prima è la fonte di illuminazione primaria, mentre la seconda serve per sopperire alla prima quando questa viene meno, ... e ciò succede spesso purtroppo: sotto stillicidio, per forte corrente d'aria, per il fango, per molti altri motivi.
1.1.7 Imbrago
L'imbrago deve essere :
- semplice, facile da mettere e togliere (anche in situazioni scomode),
- resistente alle abrasioni,
- con un punto di attacco basso (per facilitare la risalita su corda),
- con pochi anelli per evitare che si impigli,
L'imbrago viene chiuso in vita con una maglia rapida in acciaio (mai in lega) da 10 mm di forma triangolare (detto "delta") oppure a semicerchio (detto "ovale", oppure "maillon a mezza-luna"). Il delta viene posizionato con l'apertura a sinistra. Non chiudere mai l'imbraco con un moschettone, neppure se d'acciaio e con ghiera: il cricchetto può rompersi se sottoposto ad un moderato sforzo!
E`piuttosto consigliabile utilizzare un pezzo di fettuccia, o di corda, se manca la maglia rapida. Non attaccare mai la corda ad un anello per gli accessori in quanto non sono fatti per sopportare grandi pesi. Chiudere bene le fibbie (la fettuccia deve sporgere almeno 8 cm) e controllare la regolazione spesso: i movimenti di risalita tendono ad allentare la fettuccia nelle fibbie. Dato che l'imbraco è un accessorio personale si puó risolvere questo problema cucendo la fettuccia dopo essersi regolato il proprio imbraco.
Infine ricordare che è molto pericoloso se una persona resta appesa in stato incosciente per molti minuti (più di 15 minuti) poiché l'imbrago può provocare impedimenti alla circolazione con pericolo
di morte. In tal caso i compagni devono agire per il recupero dell'infortunato con rapidità .
Può capitare che la ghiera del delta si apri durante la risalita, ma è una occasione abbastanza rara, e non dovrebbe succedere se è stata stretta bene. Comunque è bene controllare la chiusura della ghiera prima di scendere o salire ogni pozzo (e magari anche durante il pozzo). Qualora sembri che la ghiera tenda ad aprirsi da sola, è bene sostituire il delta.
Prima e dopo l'uso è necessario controllare le condizioni delle fettucce e delle chiusure dell'imbraco. I produttori consigliano sempre di cambiare l' imbraco dopo una grave caduta, perché ci potrebbero essere delle lesioni interne non visibili. L'imbraco va
pulito con acqua non troppo calda (max. 30 C) e poi asciugato in un locale buio e ventilato. Bisogna pure evitare di lasciare l'imbraco esposto alla luce diretta (per le radiazioni ultraviolette) per periodi prolungati. Evitare il contatto con prodotti chimici che potrebbero danneggiare le fibre. Anche temperature troppo fredde (sotto -40 C) o troppo calde (sopra 80 C) sono dannose.
L'imbrago deve essere sostituito quando le fettucce sono lesionate per oltre il trenta percento della larghezza, oppure dopo cinque anni (per l'invecchiamento) anche se non ci sono lesioni apparenti.
Può capitare che il delta o un moschettone a ghiera risulti difficile da aprire (o come si dice è "bloccato"), a causa del fango, o altro. In tal caso si puó provare ad aprirlo utilizzando una fettuccia umida avvolta attorno alla ghiera per migliorarne la presa. Alternativamente si può utilizzare una maglia rapida (ad ampia apertura) o la testa del discensore.
1.1.8 Pettorale
L'imbrago viene completato nelle risalite su corda da un pettorale (Figura), che è un anello di fettuccia indossato a "otto" attorno alle spalle e fermato sul davanti attaccandolo al croll con un cordino regolabile (il tiracroll o tendicroll). L'idea è che il croll resti teso (ben teso!) sul petto in modo che la corda vi scorra dentro facilmente mentre si risale.
Il pettorale ad otto può essere indossato in un altro modo: sempre incrociato sulla schiena ma passando sulla pancia e con una "V" sul collo. Questa disposizione è (probabilmente) migliore se il pettorale ha una fibbia di regolazione, che risulta piu` comoda se si trova sulla "V". Questo pettorale non necessita del cordino tendicroll. Un altro tipo di pettorale è a forma di bretella. In ogni caso il pettorale non è assolutamente adeguato per attaccarci la corda, ma serve solo per tenere teso il croll.
1.1.9 Longe
La longe è un pezzo di corda con attaccato un moschettone in lega senza ghiera ad ampia apertura (Figura). La corda deve essere dinamica, di diametro almeno 10 mm, per sostenere la forza d'arresto in caso di caduta. Le longes si attaccano al delta direttamente o mediante un moschettone (a ghiera).
Per collegare la corda ai moschettoni si usa un nodo ‘ guida con frizione ’( detto comunemente otto).
La longe può essere semplice o doppia, cioè si può usare una unica longe oppure due longe fatte sullo stesso pezzo di corda.
Le longes devono essere sostituite al minimo segno di usura. Da tener presente che non solo le corde in nylon invecchiano e si usurano, ma anche i moschettoni in lega sono soggetti ad usura (per la flessioni indotte dalle trazioni) e a indebolimento per senescenza. Perciò anche i moschettoni in lega devono essere sostituiti (almeno dopo cinque anni).
1.1.10 Discensore
Il discensore è un attrezzo che ci permette di scendere una qualsiasi verticale, trasformando l’energia acquisita in calore dissipato.
Può essere di due tipi: semplice o autobloccante (Figure). Il discensore autobloccante ha il vantaggio di una maggior facilità di bloccaggio. E` però un errore usare il discensore autobloccante come freno.
La corda viene stretta fra le pulegge, si appiattisce e si rovina prima.
Il discensore si attacca al delta mediante un moschettone in lega a ghiera con tenuta non inferiore ai 2000 kg. Il discensore richiede anche un moschettone di rinvio (freno moschettone), meglio se in acciaio poiché si consuma meno. Sul posizionamento del moschettone di rinvio vi sono "scuole" di pensiero: certi manuali dicono di mettere il moschettone di rinvio nel delta che chiude l'imbraco, con l'apertura del cricchetto in alto; in tal modo risulta più facile fare le chiave di bloccaggio, però c'è il rischio di infilare la testa del discensore nel moschettone di rinvio; altri dicono di mettere il moschettone di rinvio nello stesso moschettone che tiene il discensore, all'esterno del discensore stesso, e con l'apertura in alto a destra , con questa soluzione , il freno moschettone risulta poco efficace con corde nuove o infangate.
Le pulegge del discensore devono essere rovesciate quando sono troppo usurate dalla parte su cui scorre la corda, e cambiate quando sono usurate da entrambe le parti (Figura). In queste operazioni fare attenzione a bloccare strettamente i dadi.
1.1.11 Croll e Maniglia
Il croll e la maniglia sono standard (Figure).
Il croll viene attaccato direttamente nel maillon che chiude l'imbraco e collegato al pettorale tramite il tiracroll. La maniglia viene collegata al maillon con una longe (in caso di longe doppia a quella più lunga) e possiede un pedale, cioè una staffa in cui si può infilare un piede, od entrambi, per innalzarsi durante la risalita su corda. La longe della maniglia è una longe lunga, dunque e possibile portare solo una longe corta, oltre a quella della maniglia, utilizzabile senza la maniglia.
Entrambi i bloccanti hanno un perno che impedisce al cricchetto di ruotare oltre un certo limite e di strozzare la corda. Questa è una misure di sicurezza in quanto in caso di caduta si rompe la calza, ma non l'anima della corda e l'attrezzo può scivolare sui trefoli fino a fermare la caduta.
I bloccanti devono essere puliti accuratamente dopo ogni uscita, come tutti gli altri materiali.
Il pedale viene realizzato con un pezzo (circa 2.5 m) di cordino statico del diametro di 6 o 7 millimetri. Puoi usare anche cordino in "dyneeman" o in kevlar che sono più rigidi del nylon e molto più resistenti all'abrasione. Sconsigliato è l'uso della fettuccia.
Ad una estremità ha una ampia gassa, in cui viene messo un piede o entrambi durante la risalita, ed una piccola gassa all'altra per collegarlo al moschettone (o maglia rapida) della maniglia. La
lunghezza del pedale deve essere tale che stando in piedi col piede nella staffa e tendendo il pedale il cricchetto della maniglia risulta appena sopra il croll, viene regolato approssimativamente a terra, poi regolato in fase di risalita su corda
La longe della maniglia viene realizzata con uno spezzone di corda dinamica (diametro 10 o 11) o con un pezzo di fettuccia. La lunghezza della longe deve essere tale che piegando la gamba col piede nella staffa e alzando la maniglia con la mano la longe risulta tesa (Figura ).
1.2 Materiali di Squadra
In grotta si va (solitamente) in squadra di due, tre, quattro, o anche più speleologi. Il numero migliore è tre o quattro. Se si è in quattro ci si può dividere in due squadre da due nella zona "operativa", per esempio una squadra arma mentre l'altra rileva. Squadre da due sono "essenziali", ma efficaci, soprattutto nella progressione che risulta in genere più veloce. In due si può portare abbastanza materiale per portare avanti l'esplorazione di una grotta: armare, fare risalite, disostruzioni, rilevare. In più di quattro, si comincia ad essere in troppi; il numero è giustificato se si tratta di una uscita di corso, oppure se alcuni componenti non sono ancora esperti.
Una o più squadre, particolarmente numerose, sono invece necessarie quando si organizzano immersioni in grotta. In tal caso il numero elevato di componenti è giustificato dalla mole del materiale da trasportare.
Nella squadra ognuno è responsabile verso chi lo segue. Non devi tener d'occhio chi ti precede, ma chi ti segue. Se lo speleologo che ti precede ha dei problemi, te ne accorgi inevitabilmente perché è sulla tua strada. Invece può succedere di non accorgersi quando chi ti segue ha dei problemi. Quindi se non lo vedi (o senti) arrivare torni indietro per verificare se è successo qualcosa. Non ti preoccupare di avvisare chi ti precede (se non sei in contatto di voce), anch'egli, se segue questa regola, tornerà indietro.
I materiali di squadra comprendono:
- sacco, per trasportare i materiali;
- corde, per i pozzi;
- la sacchetta del carburo di scorta;
- i materiali d'armo;
- i materiali da rilievo;
- i materiali da disostruzione;
- i materiali di conforto: cibo, fornelletto, telo termico, ecc..
1.2.1 Il sacco da grotta
Il sacco per il trasporto dei materiali deve essere abbastanza grande ma non eccessivamente grosso (Figura). Un sacco di forma tubolare, del diametro di 23 cm, alto 60 cm, (con una capacità di 25 litri) e' giusto quello che ci vuole. Secondo Marbach e Rocourt ci stanno dentro 200 metri di corda del nove! (Anche se non e' bagnata ed infangata il sacco comincia a pesare!) Per le grotte con numerosi meandri, risulta comodo il sacco di sezione schiacciata a forma di tasca, largo 30 cm, alto 70 cm : il volume e' ridotto a 20 litri, salvo esplorazioni eccezionali che richiedono un elevato numero di corde questo e' sufficiente e, nei meandri , risulta molto più comodo. Il sacco ha due spallacci (in fettuccia piatta da 40 mm), una maniglia laterale (per portarlo a mano), un cordino (6 mm) per appenderlo, e un cordino per chiuderlo. Questi due cordini devono lavorare indipendentemente, cioè quando ci si appende il sacco col cordino il nodo sul cordino di chiusura non deve essere sollecitato.
Al cordino per appendere il sacco è attaccato solitamente un moschettone (senza ghiera), usato per appenderlo sui pozzi e trascinarlo nelle strettoie. Durante il trasporto conviene agganciare questo moschettone al cordino di chiusura (o alla maniglia superiore) in modo che non rimbalzi in giro. E` utile fare un nodo (semplice) a metà di questo cordino, per ridurre le oscillazioni del sacco quando lo si trasporta appeso sotto durante le risalite dei pozzi lunghi, attaccandoselo più vicino.
Per la chiusura si utilizza un nodo piano (Figura) Una eventuale maniglia sul fondo risulta utile, per disincastrarlo e tirarlo. Il sacco ha anche un gancio interno per assicurarci il materiale con dei moschettoni, e anche una patella per evitare che il materiale fuoriesca durante il trasporto.
Ci sono due modi per non stancarsi trasportando il sacco: non portarlo mai, oppure portarlo sempre. Col primo non si fa molta strada, e ben presto gli ostacoli incontrati in grotta risulteranno insormontabili. Perciò conviene affidarsi al secondo metodo, cioè essere allenati a portarlo sempre. Dopotutto è anche comodo avere un sacco con noi: ad andare in grotta senza sacco ci si sente un poco nudi, manca qualcosa ...
1.2.2 Le corde
In grotta si usano corde "statiche" da 10 o da 9, qualche volta anche 8 mm (di diametro). Differentemente dall'alpinismo per cui si usano corde dinamiche atte ad assorbire cadute con fattore di caduta 2 (v. dopo), in speleologia le caduta hanno fattore uno, dato che si procede verso il basso (scendendo i pozzi).
Le fettucce, al contrario delle corde, non hanno una anima portante protetta da una calza esterna, ma solo la struttura esterna, perciò sono più facilmente soggette a lesioni per usura.
Le corde devono essere provviste sulle estremità di etichette indicanti la lunghezza e un codice per il registro delle corde (tenuto scrupolosamente dal magazziniere). In tale registro vengono annotati i dati delle corde: tipo, produttore, data di acquisto, e la storia di utilizzo, in particolare "choc" (arresto di caduta) e altri danneggiamenti subiti. Riguardo alla data d'acquisto, almeno l'anno dovrebbe essere segnato anche sulla corda.
La "staticità" cioè la non elasticità delle corde è importante per aumentare l'efficacia della progressione in risalita, oltre che a ridurre quel noioso movimento su-e-giù! Inoltre le corde statiche sopportano meglio (cioè si rovinano meno) l'azione degli attrezzi da discesa e risalita.
Le corde si accorciano con i lavaggi e le asciugature ripetute (circa 4%). Le corde si riducono in lunghezza durante il normale uso speleologico. L'accorciamento è pari a circa 13% (11% nel primo anno). Perciò le corde nuove, prima di essere utilizzate in grotta dovrebbero essere "preparate" dal magazziniere, per evitare che si accorcino notevolmente dopo le prima uscite. Si mette a bagno la corda per una notte nell'acqua. In ogni caso, non si deve mai usare una corda che abbia sostenuto uno "choc" da caduta, cioè abbia sostenuto l'arresto di una caduta. Questo può infatti produrre lesioni interne alla corda, non visibili esternamente. Pertanto la corda non deve essere utilizzata per la progressione verticale (pozzi, traversi, etc.).
Le cause dell'usura sono:
- la flessione e torsione dovute al discensore (o peggio al mezzo barcaiolo);
- la compressione dei dentini dei bloccanti
- i microcristalli intrusi (che aumentano l'attrito e facilitano le lacerazioni interne);
- il riscaldamento causato dai discensori (attrito esterno);
- l'abrasione contro la roccia, ma anche con ancoraggi di piccolo raggio;
- lo snervamento delle fibre, causato dalla progressione sia in discesa che in risalita;
l'invecchiamento "naturale" (depolimerizzazione) causato dai raggi ultravioletti e dagli agenti atmosferici (acidi).
Lo stiramento causato dalle pulegge del discensore ha un effetto doppio rispetto alla compressione dei cricchetti degli attrezzi da risalita. Infatti in discesa la corda deve assorbire e dissipare l'energia (potenziale) ceduta dallo speleologo che scende. In risalita, questa energia potenziale è fornita dallo speleologo stesso che "pedala", e la corda viene coinvolta in uno scambio energetico molto minore.
Con un uso normale, una corda si usura, ma mantiene le sue capacità di arrestare una caduta, quindi fornisce l'adeguata sicurezza. Questa viene meno se l'armo non è ben fatto e la corda sfrega contro la roccia. L'abrasione dovuta allo sfregamento contro la roccia indotto dal movimento durante discese e risalite è il vero distruttore delle corde da speleologia. Nell'abrasione delle corde sulla roccia intervengono molti fattori:
- asperità della roccia (microrugosità)
- superficie di appoggio (lame)
- forza di pressione sulla roccia
- ampiezza degli scorrimenti della corda
Da tener presente che le microlesioni nella calza diventano discontinuità che tendono ad accrescersi, cioè punti di preferenziale danneggiamento: una volta iniziata la lesione questa procede sempre più in fretta.
Anche l'acqua può spezzare una corda, sbattendola ripetutamente contro la roccia. Questo è più probabile vicino ai punti di attacco, dove risulta sempre lo stesso punto della corda a sbattere.
Anche lo sfregamento sugli ancoraggi può arrivare a rovinare una corda. Questo però introduce un discorso a parte, sugli armi permanenti e sulla loro manutenzione.
Acidi e solventi chimici (per es. benzina) e oli danneggiano le corde. Infine bisogna evitare inutili sollecitazioni alle corde: fare dunque attenzione a non calpestarle e a non colpirle con sassi.
L'invecchiamento naturale ha un effetto ridotto rispetto alle cause d'usura del normale uso. Una corda può essere preservata "integra" se mantenuta in luogo fresco asciutto e buio. In ogni caso la vita media del nylon e di circa dieci anni, dopodichè le fibre decadono abbastanza velocemente. Una corda più vecchia è inaffidabile.
La pulizia (lavaggio con tanta acqua e spazzola morbida) e una buona manutenzione sono necessarie, per controllarne lo stato di affidabilità prima di portarle in grotta. Il lavaggio accurato serve a togliere i microcristalli di argilla dalla calza e dall'interno della corda. Il carico di rottura di una corda si riduce nel punto in cui questa forma il nodo con cui viene attaccata all'armo. Questa diminuzione è causata dalle spire del nodo che stringono la corda e la bloccano. In genere questa riduzione è di circa 30%.
Senza nodi le fettucce si rompono per snervamento delle fibre. Anche per le fettucce la resistenza sul nodo è ridotta di circa il 30% rispetto a quella nominale. Una fettuccia doppia su moschettone ha una resistenza pari al 140% del valore nominale. Su un anello (da 6 mm) la resistenza è circa uguale al valore nominale. Su una placca (4 mm) è ridotta all'80%. In queste tre situazioni si ha fusione delle fibre per attriti sugli ancoraggi, dovuta ad una concentrazione degli sforzi (e quindi attriti maggiori) per le pieghe.
Le corde vengono trasportate nel sacco, filate, con un nodo su entrambi i capi. Se sono corte si possono anche avvolgere a matassa e mettere nel sacco. E` importante controllare spesso che le corde non siano lesionate: in tal caso vanno tagliate in corrispondenza della lesione, con il coltellino o martellandole con la mazzetta su una lama di roccia. I due capi della corda tagliata si bruciano poi con la fiamma dell'acetilene per evitare che la corda si sfilacci. Avendo il coltellino si brucia la corda sino a fondere quasi i trefoli, prima di tagliarla; in tal modo risulta più semplice tagliarla e i due capi restano terminati senza sfilacciarsi.
1.2.3 Il carburo
Il carburo di scorta si porta nella apposita sacca ricavata da una camera d'aria (Figura). Il diametro deve essere abbastanza grande per infilarci il sacchetto con lo scarburo. Un diametro di 12-14 cm e` una misura ragionevole. Dentro questa si mette anche un sacchetto di plastica per riporre le polveri esauste quando si scarbura. Tale sacchetto viene poi riposto nella sacca stessa per evitare che si rompa durante il trasporto. Nel trasportare il carburo bisogna fare attenzione a che non si bagni; ciò potrebbe provocare anche esplosioni!
1.2.4 Materiali d'armo
I materiali d'armo comprendono spit (chiodi perforanti ad espansione; spit e' l'acronimo di Societe' de Prospection et d'Inventions Techniques) e coni, piantaspit, martello, chiave, piastre e anelli, moschettoni e maglie rapide.
spit e coni devono essere almeno una dozzina per squadra. I coni possono essere portati in un tubicino di gomma chiuso alle estremità. Oppure si può utilizzare la cartucciera per spit e coni. Di solito le sacchette d'armo hanno una tasca per spit e coni, ma fare attenzione che potrebbe essere bucata. Infine si può usare una scatoletta di plastica come contenitore.
Di piantaspit uno basta, ma e' bene averne anche uno di scorta. L'impugnatura deve avere un diametro di circa tre centimetri e lunga circa 14-15 cm. Deve avere un anima in acciaio duro, ne` fragile ne` plastico (per trasmettere il colpo allo spit). Un paracolpi non e` necessario, ma e` utile per riparare la mano spittando in posizioni astruse. Il piantaspit deve avere una leva per ruotarlo o una spina forzata su cui si puo` martellare (piano), quando non si gira. Il piantaspit deve avere un anello di cordino (o fettuccia) di sicura che viene avvolto sul polso durante l'uso. Questo anello deve essere attaccato al piantaspit tramite un anello metallico in modo che girando il piantaspit esso non ci si avvolge attorno.
Il martello d'armo è abbastanza leggero, con una massa battente di 400 grammi e con una piccola becca. Il martello da grotta ha pure una chiave tubolare da 13 mm in fondo al manico. Se ne può portare anche uno solo: in caso di necessità si può rimpiazzare con la mazzetta da disostruzione. Il martello ha un lacciolo che viene messo attorno al polso durante l'uso. Questo evita di lasciar cadere accidentalmente il martello. Evitate di battere col martello senza tenere il lacciolo: questo tende a finire davanti alla massa battente durante il colpo e viene rotto facilmente. Il lacciuolo deve essere 3 cm più lungo della impugnatura. Se è troppo corto rende l'uso del martello scomodo e meno efficiente.
Il martello è utile anche durante la progressione in meandrini stretti e profondi. Oltre che per allargare la via, può essere utilizzato incastrato fra le pareti per fornire un punto di appoggio. (Anche il sacco funziona abbastanza bene per fornire punti di appoggio).
La chiave, da 13 mm, è indispensabile poichè quella sul martello non va bene per gli anelli. E` tanto leggera che e' bene averne un paio per squadra. E` consigliabile una doppia chiave 13-17 utile sia per avvitare i bulloni che per aprire il delta in caso di necessità. Il numero di piastre e/o anelli con i relativi moschettoni e/o maglie rapide dipende dalla spedizione: in genere una decina risulta sufficiente. A volte quando bisogna fare piccole risalite anche dei chiodi da roccia e degli anelli di fettuccia possono servire. I chiodi sono pure utili per togliere il fango dalla tuta se non si ha un coltellino.
1.3 Resistenza dei Materiali
La progressione in grotta può essere ritenuta sicura solo quando i materiali utilizzati hanno caratteristiche tecniche e meccaniche che li rendono resistenti ed affidabili.
Per resistenza si intende la capacità di un attrezzo di sopportare delle sollecitazioni gradualmente crescenti; queste possono essere : dinamiche ossia applicate in pochi secondi ( es. cadute ) o statiche di durata prolungata ( trazioni lente), tipiche della progressione speleologica.
Con il temine affidabilità si riuniscono vari concetti quali la praticità d’uso la resistenza in funzione dell’utilizzo e la riduzione al minimo delle possibilità di un uso scorretto. Più un attrezzo è affidabile più è pratico da usare e minori sono le possibilità di commettere errori.
Per meglio chiarire i concetti sopra esposti si possono fare alcuni esempi:
Il bloccante mobile è un attrezzo estremamente affidabile, infatti se montato sulla corda in modo errato non consente di salire di un solo centimetro; ma se lo esaminiamo in termini di resistenza presenta un carico di rottura molto basso ( circa 550kgp ).
Il cavo d’acciaio è estremamente resistente ma al contrario non è affidabile poiché richiederebbe un’infinità di complicate manovre per poter essere utilizzato con il conseguente aumento delle possibilità di commettere errori, oltre agli attrezzi che servirebbero alla progressione. Inoltre per l’elevata rigidità del cavo stesso non assorbirebbe l’energia in una banale caduta.
In conclusione si può affermare che un attrezzo molto resistente, ma complesso nell’uso, a tanto insicuro quanto un attrezzo semplice ma poco resistente.
1.3.1 Valori minimi di resistenza
Per poter valutare quando un attrezzo presenta una resistenza tale da essere ritenuto sicuro è necessario disporre di un valore di riferimento che tenga nel giusto equilibrio caratteristiche di resistenza e affidabilità. Questo valore è stato quantificato di 1100 kgp considerando le peggiori ipotesi di caduta nella normale progressione in grotta ( con fattore di caduta pari a 1, cap. 1.3.2 ). Il valore di 1100 kgp deve essere garantito da tutti gli elementi che compongono la catena di sicurezza e progressione in grotta, a partire dalla roccia fino all’ imbraco con l’attrezzatura, tenendo conto del decadimento dei materiali per usura ed invecchiamento.
1.3.2 Fattore di caduta
Per meglio comprendere a quali sollecitazione sono sottoposti i materiali è doveroso introdurre il concetto molto importante in alpinismo e speleologia : IL FATTORE DI CADUTA.
Il fattore di caduta (Fc) è strettamente legato alle corde, allo loro elasticità ed al loro impiego: la tenuta di una corda è in rapporto alla sua lunghezza, ossia alla possibilità di suddividere una determinata sollecitazione su una superficie maggiore; per contro la forza prodotta da una caduta è stretta connessione con l’altezza della stessa. Possiamo quindi definire il fattore di caduta come il rapporto tra l’altezza della caduta (h) e la lunghezza della corda che arresta la caduta (l) fig 4.
FC = h / l
Da questo si deduce che cadere da 1 m di altezza su 1 m di corda produce lo stesso effetto (sulla corda) che cadere da 100 m su 100 m di corda, in questi casi il fattore di caduta Fc è sempre uguale ad 1. In arrampicata il Fc può assumere valori compresi tra 0 e 2 ( ossia altezza di caduta pari al doppio della lunghezza della corda). In speleologia il Fc non deve superare il valore di 1, dovuto principalmente alle caratteristiche dalle corde statiche.
1.3.3 Le Corde
Le corde sono strutture molto complesse composte da due tipi di materiale sintetico (nylon e perlon) e costituite da un nucleo interno, l’ANIMA ed un involucro esterno, la CALZA. L’anima è formata da un numero variabile di trefoli, quasi sempre dispari,intrecciati tra loro parte in un senso e parte nell’altro.
Ogni trefolo ha un carico di rottura attorno ai 130 Kgp ed è a sua volta costituito da un intreccio di fili elementari. La calza ha la funzione protettiva e concorre alla tenuta complessiva della corda per circa 1/3. Le corde si dividono in dinamiche (alpinismo) e statiche (speleologia); la differenza sostanziale tra le due tipologie sta nella proprietà elastica, maggiore nelle prime e minore nelle seconde. Dal punto di vista strutturale la diversità viene ottenuta con un diverso intreccio dei fili elementari, ma i materiali di costruzione sono gli stessi. Una corda assorbe l’energia prodotta dalle sollecitazioni a cui è sottoposta in tre modi : per elasticità, per plasticità e per attrito. L’elasticità è un fenomeno reversibile, ossia l’energia assorbita in tal modo viene restituita in modo uguale. La plasticità ed attrito invece sono due fattori irreversibili, l’energia assorbita viene dissipata a discapito della struttura della corda che ne subisce delle deformazioni anche non visibili. Le corde più usate in speleologia hanno un diametro di 10 mm che offrono una buon compromesso tra tenuta e durata nel tempo e un fattore di rottura superiori a 2800 kgp mentre quelle da 9 mm attorno ai 2400 kgp.
Nel valutare i carichi di rottura delle corde si deve tenere presente il cosiddetto “effetto nodo”. Infatti, quando si confeziona un nodo ad un capo della corda il carico di rottura della stessa si riduce dal 25% al 50% a seconda del tipo di nodo.Una corda senza nodi si rompe per l’eccessivo allungamento e snervamento delle fibre che la compongono.Una corda annodata si rompe nel punto di uscita del nodo per fusione delle fibre causata dal surriscaldamento per l’attrito prodotto dallo scorrere delle spire che compongono il nodo l’una sull’altra.
1.3.4 Tasselli
I tasselli rientrano nella categoria degli ancoraggi artificiali che vengono fissati alla roccia per poi realizzare l’armo di progressione. Gli spit sono tasselli ad espansione autoperforanti. Sono prodotti industriali per carpenteria e esistono vari produttori. Il nome completo di quelli della SPIT e` Spit Roc MF8, "M" indica che sono fatti per inserzione manuale, "8" è il diametro del bullone. Ci sono anche i PF8 da inserire con il perforatore; con l'uso sempre più comune del trapano questi stanno soppiantando gli MF8.
Vengono inseriti nella roccia scavandoci prima un foro, mediante lo spit stesso: questo e` infatti dotato di dentini che servono per frammentare la roccia. Quando il foro è fatto si inserisce lo spit con un opportuno conetto in punta: questo espandendo lo spit lo blocca nel foro.
In genere gli spit devono essere distanti almeno una spanna dai bordi delle placche di roccia, e fra di loro. Prima di mettere uno spit si prova la qualità della roccia col martello fino a trovare della roccia buona: la roccia marcia ha in genere un suono ottuso. Se è il caso si lavora la roccia con la becca per rimuovere eventuale roccia superficiale poco consistente e per spianarla perchè la piastra deve appoggiare bene alla roccia. Questo tipo di tassello garantisce carichi di rottura molto elevati; in relazione al tipo di roccia in cui viene applicato, possiamo avere valori ad estrazione di 3100 kg e a taglio di 2250 kg (NB: questo ultimo valore e dato dal cedimento a taglio del bullone in acciaio 8.8).
Con il diffondersi dei tassellatori a batteria si è cominciato ad usare altri tipi di tasselli , usati comunemente in edilizia, chiamati comunemente FIX ,sono tasselli provvisti di un manicotto per bloccarli nel foro. Sono disponibili in varie misure; i più usati sono da 8 mm. Anche questi sono costruiti da vari produttori. A parità di diametro, hanno tenute inferiori agli spit, 1400 kg a taglio e 1800 kg ad estrazione.
1.3.5 Bulloni
I bulloni devono essere di qualità industriale e devono riportare la marcatura indicante in grado di resistenza: 8.8, 10.9 oppure 12.9. Il primo numero denota il carico di rottura, per esempio 12.9 ha un carico di rottura di 120 Kgp/mm2. Il secondo numero indica la frazione del carico di rottura cui incomincia lo snervamento. Ad esempio un 12.9 incomincia a snervarsi al 90% del carico di rottura.
Bulloni senza marcatura di resistenza non sono affidabili perchè la qualità non è garantita.
I bulloni per spit sono gli M8. I bulloni devono avere una lunghezza adeguata in modo che la vite entri sufficientemente nel tassello (almeno cinque giri). Quindi, con le piastrine si usano bulloni da 15 mm (lo spit ha 12 mm di filettatura, e la piastra ha uno spessore di 4 mm), con gli anelli si usano bulloni da 20 mm (l'anello ha uno spessore di 8mm).
Per una adeguata resistenza e` sufficiente la classe 8.8. In effetti le prove sui materiali hanno mostrato che i bulloni M8-8.8 hanno una resistenza a taglio di 2900 Kgp e una ad estrazione di 3300 Kgp (stretti con una coppia di 2 Nm). Questi valori scendono leggermente all'aumentare della coppia (2700 e 3000 Kgp rispettivamente a 6 Nm). Tenuto conto che spesso i bulloni lavorano parte ad estrazione, parte a taglio, questi valori mostrano che gli M8-8.8 sono adeguati purchè:
stretti con una forza di circa 20 Kg;
avvitati per almeno cinque giri;
la placca o l'anello aderisca al tassello (o alla roccia), altrimenti il bullone lavora a flessione
1.3.6 Plachette ed anelli
Plachette ed anelli rappresentano l’elemento fondamentale della catena di sicurezza in quanto permettono il collegamento tra chiodo e moschettone e/o corda. La resistenza di questi elementi non dipende solamente da fattori strutturali propri dei materiali di cui sono costituiti ma anche da come vengono utilizzati in base alla loro forma geometrica e di come le forze vengono applicate. Possiamo distinguere i seguenti tipi:
Plachette ritorte (o vrillè): sono ideali su pareti strapiombanti dove il nodo non si trovi a contatto con la roccia, la versione in acciaio può essere utilizzata a soffitto.
Plachette piegate (o coudèe) : sono ottimali quando il moschettone va ad appoggiare sulla parete distanziando la corda che vi è collegata, ovviamente il moschettone sotto carico non deve far leva sulla plachetta.
Anelli : sono attacchi che possono essere utilizzati in tutte le angolazioni; permettendo l’applicazione diretta della corda senza utilizzo.
Carichi di rottura di alcuni ancoraggi più comuni in funzione dell’angolo di applicazione del carico espressi in Kgp
1.3.7 Moschettoni
I moschettoni servono per attaccare la corda alla piastra, oltre che per l'attrezzatura personale. Ce ne sono di svariate forme e caratteristiche. In speleologia si utilizzano generalmente quattro forme di moschettoni:
- moschettoni ovali o paralleli, per armi ed attrezzi;
- moschettoni ovali asimmetrici, per armi e attrezzi;
- moschettoni a larga apertura (senza ghiera), per la longe;
In genere si tratta di moschettoni in lega, ad eccezione del freno moschettone del discensore (e senza ghiera).
I moschettoni riportano una marchiatura indicante le caratteristiche di resistenza, la marcatura CE (Standard CE prEn 136.005.02 - 1995, la sigla "CE" significa "Conforme alle esigenze", il numero che segue è il codice del laboratorio che ha testato l'oggetto) può avere tre simboli indicati l'utilizzo appropriato del moschettone:
H : moschettone per mezzo barcaiolo;
X : ovale per carichi minori (fattore caduta = 1), quello per speleologia;
K : per ferrate (fattore caduta pari o superiore a 2).
Gli analoghi simboli UIAA (Unione Internazionale Associazioni Alpinistiche) sono:
L : leggero (per speleologia);
N : normale (per alpinismo);
K : per ferrate.
I numeri indicano i carichi di rottura nominali, espressi in kilonewton (KN: per esempio 18) o in kilogrammi (per esempio 2650). Il numero maggiore si riferisce alla trazione longitudinale, lungo l'asse maggiore (quello in cui dovrebbe lavorare il moschettone); i numeri minori a trazione trasversale, e longitudinale a cricchetto aperto. La ghiera serve a bloccare il cicchetto, quelle in lega hanno comunque carichi di rottura, per sollecitazioni dirette sulla ghiera a moschettone chiuso, generalmente compresi fra 500 e 700 kgp (ma può essere anche di soli 300 kgp).
1.3.8 Maglie rapide
Al posto dei moschettoni si possono utilizzare le maglie rapide con chiusura a ghiera. La chiusura deve essere completamente bloccata. L’uso di queste è necessario per armi persistenti, risalite e grotte lasciate armate per lungo tempo perchè i moschettoni si corrodono più facilmente.
In realtà in speleologia si usano due (o tre) tipi di maglie rapide:
maglie ovali da 8 mm, per armi, e per il pedale della maniglia;
maglie da 10 a semi-cerchio o triangolo ("delta") per chiudere l'imbraco.
Anche le maglie rapide, come i moschettoni riportano un codice di produzione del tipo
Questo dice che l'anno di produzione è il 1998, il numero di identificazione CE è 0082, il carico di rottura lungo l'asse maggiore è 25 KN (circa 2500 Kg) e lungo l'asse minore 10 KN (1000 Kg). Questi carichi si riferiscono alla maglia rapida con la ghiera completamente avvitata è alla giusta coppia di serraggio: non deve essere visibile alcun filetto.
Il senso di trazione raccomandato dipende dalla forma della maglia rapida. In genere è lungo l'asse maggiore.
Bibliografia:
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Manuale del Cai – Manuale di Speleologia, 2003